« Roule, roule train du plaisir »… toute la nuit ! (III)

La Bastide Vieille, le 15/08/2020

 

Pendant les années qui ont suivi, je prenais régulièrement le train de nuit vers l’Italie : des fois pour Milan, d’autres fois pour Turin, rarement pour Venise ou Rome. 

Mais je gardais toujours, à la fin de mes voyages en Italie, un billet de 10000 Lires !

Il devait me servir, à l’occasion du voyage suivant, en arrivant le matin tôt dans la gare de mon choix, à payer le premier (vrai !) café italien !

Sans avoir besoin de courir, pendant la courte escale, pour changer des francs.

Et, bien plus tard, pour acheter le journal local, « La Stampa » à Turin,  « Il Messagero » à Rome, « Corriere della Serra » à Milan, « Il resto del Carlino » à Bologne, « Il Gazzetino » à Venise etc., afin de me mettre au courant des dernières nouvelles du pays et, éventuellement, des événements culturels à venir.

Si je précise que je ne prenais pas le train de nuit jusqu’à Rome, c’est parce que j’avais découvert le bonheur de longer la côte italienne entre Gênes et Rome, de jour.

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« Roule, roule train du plaisir »… toute la nuit ! (II)

La Bastide Vieille, le 15/08/2020

 

En arrivant à Nice, au mois de juillet 1968, par le train de nuit, j’ai eu un choc ! Je n’avais jamais vu autant de palmiers ! Et pas des petits ! Plein de rangées de gros palmiers, sur la Promenade des Anglais, ou sur la Place Masséna, ou…

C’est ce jour-là que j’ai décidé, si Dieu le veut !, que j’aurai mon palmier ! Au moins un, mais avec un bel « ananas » à la base.

C’est fait, depuis 10 ans !

Et j’y tiens… comme à la prunelle de mes yeux !

Par la suite, j’ai vu plein de palmiers de par le monde ! Des grands, des petits, des « nains », des mâles ou des femelles, avec des dattes ou sans…

J’ai connu même l’oasis de Al-Ain, à Abu-Dhabi, où chaque palmier porte un numéro d’enregistrement et ne peut être coupé sans l’autorisation expresse de l’émir, même s’il vous fait de l’ombre ou s’il risque de renverser votre maison.

Pas comme à Maldonado, en Uruguay, où ils ont coupé, sur la place centrale, « pour faire moderne ! », les palmiers qu’avait connu… Garibaldi !

J’ai même failli rester pour l’éternité, à Arequipa au Pérou, quand une feuille de palmier est tombée de vingt mètres d’hauteur à 15 centimètres de ma tête, sur la terrasse du plus chic hôtel de la ville, où je prenais mon petit déjeuner !

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Una via lunga 2000 anni!

Questo testo è stato pubblicato sulla rivista “Siamo di nuovo insieme” nel numero 95 – 96, di aprile-giugno 2020. 
 

Era il 1968.

All’arrivo dell’estate dovevo scegliere il posto in cui avrei passato la mia prima lunga vacanza da persona libera.

La decisione non è stata per niente semplice: potevo scegliere qualsiasi paese al mondo, tranne quelli comunisti. Ma i mezzi finanziari limitati e un po’ di logica mi hanno spinto a scegliere tra Spagna e Italia. E, consultando le offerte sulla lista Oeuvres universitaire, ho deciso di andare a Roma. E per non fare le cose a metà, ho scelto un soggiorno di 15 giorni.

Sono sbarcato nella capitale italiana dopo un lungo viaggio, di circa 24h, che mi ha permesso di avanzare lungo la costa, da Genova a Roma, e iniziare così a scoprire il paesaggio marittimo transalpino. Già in treno ho notato con stupore di comprendere piuttosto bene l’italiano. Forse in una vita precedente ero stato italiano!

A Roma, il piccolo albergo che avevo scelto tra quelli proposto da Oeuvres universitaire, si trovava proprio nel centro della città. In realtà, la „Pensione del Leoncino”, come spesso accade a Roma, occupava un piano di un immobile di abitazioni della Capitale, mentre al pianoterra c’erano dei negozi, tanto di alimentari quanto d’abbigliamento. Ricordo, allo stesso modo, anche un garage all’angolo della strada, che disturbava i condomini con le sue auto parcheggiate in qualsiasi modo e che impedivano la circolazione già difficile del quartiere. I commercianti presenti qui in tutte le stagioni con la loro esposizione ambulante di merce, cui facevano pubblicità urlando a squarciagola. E se i vicini protestavano, quelli raccoglievano la loro baraonda di oggetti e ricominciavano qualche metro più avanti.

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Ancora di più! Nel palazzo in cui c’era la mia pensione, un immobile esteticamente pregevole con secoli di esistenza, incontravo ogni giorno persone rispettabili, avvocati, medici o notai che uscivano vestiti elegantemente dalle pesanti porte di legno scolpito, che potevi ammirare salendo le scale di questo piccolo castello. Avevo tutto il tempo del mondo per osservarle quando salivo o scendevo le scale.

D’epoca, i meravigliosi ascensori con porte in ferro battuto come negli stabili di lusso del centro della città, si mettevano in moto solo dopo aver introdotto una moneta da 100 lire in un cassetta metallica, posta accanto alla porta e intonata alla cabina. Non so come procedessero gli inquilini permanenti dell’immobile. Credo avessero un gettone recuperabile. Ma gli studenti della pensione, per fare un po’ d’economia, aspettavano a lungo l’arrivo di un locatario. Noi non avevamo scoperto il trucco di Totò di non so quale film del dopoguerra, che aveva legato un filo in una moneta forata, e la ritirava subito indietro quando l’ascensore si muoveva.

D’altra parte la caccia al risparmio era uno sport praticato quotidianamente.

Nella nostra pensione esisteva un solo telefono, posizionato in corridoio vicino alla porta d’ingresso. Quando i locatari telefonavano alle loro famiglie, di solito in P.V.C., tutti potevano approfittare della conversazione. In tutte le lingue del mondo! E, anche se non capivo la lingua di comunicazione, indovina dal tono dell’interlocutore se assicurava alla famiglia di star bene, se si trattava di una spedizione urgente di denaro o di appianare una storia d’amore. Allora, una persona con il cuore grande e che capiva la lingua, adempiva il suo dovere d’onore e precisava per noi i punti essenziali della conversazione. Dal canto suo, il proprietario della pensione, che voleva essere certo di recuperare i costi delle chiamate, aveva attaccato sotto il telefono un piccolo annuncio in bella scrittura, in cui diceva: “Sono amabile, sono cortese, / Ma pagatemi le spese”.

“Via del Leoncino”, una stradina con appena venti numeri, si trovava nel cuore della capitale italiana, e solo una minuscola piazza chiamata “Largo Goldoni”, la separava dal “Via del Corso”. Il corso è la principale arteria di comunicazione della città, che procede in linea retta da Piazza Venezia e dal Foro, fino a Piazza del Popolo e al muro di cinta abbattuto da papa Alessandro III nel 1655, in occasione della visita a Roma della regina Christine di Svezia, per creare un passaggio più grande, Porta del Popolo.

Ho scoperto che lungo il Corso si allineano palazzi, gallerie commerciali, celebri caffè, chiese di diversi culti, cinema, edicole di giornali, fermate d’autobus, ristoranti di tutte le categorie… e naturalmente alcuni tra i più grandi alberghi del paese e innumerevoli pensioni insieme ai famosi “Bed and Breakfast” (“letto e colazione”).

Dal 1968 al 2016 il paesaggio non è cambiato per niente! Solo noi siamo invecchiati!

En 1968 et en 2016:Le paysage n’a pas changé ! Il y a que nous qui avons vieilli!

Puoi passare ore intere a passeggiare sul Corso, anche senza approfondire la storia di ciascun palazzo. Perché Via del Corso cristallizza sul suo percorso tutta la storia del paese, com’è scritto in un libro pubblicato di recente: “Via del Corso: una strada lunga 2000 anni”.

Sempre a Roma, durante la mia prima visita da turista solitario all’estero, ho inaugurato un metodo per scoprire diversi luoghi e che uso ancora oggi. Per prima cosa, passeggio per la città per impregnarmi della sua atmosfera generale. Poi, comincio a cercare i monumenti rappresentativi che conosco. E, in base al tempo che mi rimane, vado a visitare musei e mostre.

A Roma, nel 1968, ho passato quasi un’intera giornata solo passeggiando lungo il Corso! Per fortuna, avevo a disposizione (credevo) molto tempo di fronte a me. Ma, quando la vacanza è finita ed è arrivato il momento di tornare a Parigi, ho avuto un coup de blues. Mi sono reso conto che se per ogni capitale avessi avuto bisogno del tempo che mi è servito per Roma, non mi sarebbero bastate tre vite! Perciò, ero assicurato! Ma nessuna città al mondo è paragonabile a Roma. Neppure lontanamente!

Sono tornato a Roma decine di volte cercando di perfezionare la mia conoscenza della “Città Eterna”. È passato quasi mezzo secolo da quanto vado e torno da Roma, abitando quasi in tutti i quartieri della città. Spesso ho alloggiato in un quartiere vicino alla “Stazione Termini”, con il pretesto che fosse più semplice prendere il treno per uscire o entrare in città. Ho abitato nel vecchio quartiere francese del XVIII secolo, vicino a Trinità dei Monti. Ho abitato anche fuori Roma, in un albergo di lusso, quando i miei agenti rifiutavano di entrare nell’inferno automobilistico del centro della città, per venirmi a prendere al mattino. Ma non sono più tornato ad abitare sul Corso. Perciò, questa volta, ho deciso di ricominciare da zero! Ho scelto un hotel proprio all’inizio di Via del Corso, al numero 4.

Si trattava di nuovo di un piano in un vecchio immobile. Ma molto più in alto, vicino al tetto, la camera vicina chiamata “suite” beneficiava di una piccola terrazza in cima all’immobile, che ti permetteva di ammirare il Corso da un capo all’altro. Com’era per tutte le altre terrazze romane lì intorno, una vera istituzione nella Città Eterna. Come quelle immortale da Ettore Scola nel suo film La Terrazza, in cui erano interpreti: Ugo Tognazzi, Jean-Luis Trintignant, Marcello Mastroianni, Sergio Reggiani, Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Galeazzo Benti e Marie Trintignant. 

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Sono uscito presto per passeggiare sul Corso, come se stessi scoprendo Roma per la prima volta. Molto presto mi sono chiesto se si trattasse della stessa città che conoscevo una volta!

Naturalmente, i palazzi e le chiese non si erano mossi negli ultimi 50 anni! Ma la strada era diventata pedonale, e oggi puoi passeggiare con il naso per aria e ammirare, senza la paura di essere investito dalle auto, le loro facciate e le decorazioni. In teoria! Perché in pratica, dovevi star attento ai ciclisti, che si considerano i nuovi padroni della strada e schivano i passanti scampanellando, perché non intralcino il loro cammino.

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Ma, ancora più insopportabile è la moltitudine di tutti i tipi che, senza vergogna, si piazza a mangiare sotto i portici dei palazzi, si stende al sole sui marciapiedi delle chiese, getta cartacce unte e scatole vuote ovunque, si scatta fotografie sui basamenti delle statue, con la scusa che “a Roma bisogna comportarsi come i romani!” Perché le autorità locali chiudono un occhio di fronte al proliferare dei venditori ambulanti, delle bancarelle con spiedini e salsicce arrosto che invadono i marciapiedi, di fronte ai negozi d’abbigliamento o calzature che impilano scatole vuote in piena strada, fin dal mattino, aspettando che i netturbini vengano a recuperarle… di sera!

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Quanto ai negozi, non trovi altro che boutique con prodotti firmati, poiché le botteghe tradizionali sono spariti da molto tempo.

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Allora, che cosa potevo fare per ritrovare la città di una volta? È semplicissimo! Basta aspettare le ore notturne per di iniziare il vagabondaggio.

È il momento in cui la folla di turisti è già a letto, spossata da un’intera giornata di cammino per la città, le strade sono libere dal traffico, i venditori di gelato o pizza hanno chiuso bottega e… tutto è calmo!

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Se per caso una breve pioggia è caduta dal cielo, il marciapiede diventa lucido e riflette i colori affascinanti delle vetrine, perfino quelli dei caffè e dei negozi che hanno chiuso prima ma sembrano ancora vivi / attivi.

Sono passati cinquant’anni da quando ho passeggiato di fronte alle vetrine del Caffè Arango o del Ronzi e Singer e immaginavo che questi luoghi di memoria non potessero che essere immortali.

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Questo è forse il mio più grande rimpianto quando mi trovo a Roma. Oggi, quando nel migliore dei casi, vedo i loro nomi scritti su una facciata cieca, rimpiango di aver risparmiato una banalità senza entrare a prendere almeno un affogato al caffè, ogni tanto. In realtà, è rimasto il Caffè Greco. Ma perfino nel posto in cui ho passato così tanti pomeriggi, sognando a occhi aperti, la quiete è scomparsa nel momento in cui l’indirizzo è apparso in tutte le versioni del mondo della Guide du routard.

Mi è rimasto un “singolo luogo personale di memoria”, il “34”.

Nel 1968, visto che non ero più di uno studente squattrinato, ho deciso di “rompere il salvadanaio” ed entrare almeno una volta in un buon ristorante. Perché ho scelto il “Ristorante 34” in Via Mario dei Fiori n. 34? Non me lo ricordo più!

Ma questo è il ristorante in cui ho scoperto il „Montplan” (reinterpretazione italiana del „Mont Blanc”), un dolce con crema di castagne e Chantilly. E ho appuntato sul menù del ristorante „dolce al cioccolato”, per ricordarlo in futuro.

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Sono tornato al “34” dopo 48 anni! Esisteva ancora e aveva lo stesso nome. Il che è piuttosto raro in quest’ambiento. Purtroppo, il pasticcere, che nel frattempo è stato sostituito innumerevoli volte, non ha più sulla lista il “mio” dolce al cioccolato. Ma ho potuto consolarmi con dell’ottima pasta ai frutti di mare, come ne ho mangiata di rado altrove.

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Ho terminato la mia serata al „Hassler – Villa Medicis”, bevendo un bicchiere di vino in compagnia di una coppia incontrata al “34”, con un’età poco maggiore della mia, quando avevo iniziato a frequentare questi posti. Ho consigliato loro di non ripetere i miei errori, passando accanto a luoghi di memoria la cui esistenza potrebbe essere più breve della loro!

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Adrian Irvin ROZEI

Roma, novembre 2016

Otro modelo, otro color ! (IV)

La Bastide Vieille, le 17/02/2020

 

 L’étape romaine était le moment clé de ce périple israélo-italien ! 

Puisque, dans les étapes précédentes, il s’agissait de ramasser les fruits des actions du passé, alors qu’à Rome il fallait livrer une nouvelle bataille : celle de l’encadrement des tableaux argentins !

Les données du problème étaient connues et définies de longue date. Il s’agissait, dans un premier temps, de trouver des cadres adaptés aux peintures de style colonial sud-américain, à un prix raisonnable, et  faire faire le travail dans le laps de temps dont je disposais à Rome. 

Dans un deuxième temps, arriver à transporter les tableaux encadrés en avion, jusqu’à Paris, sans me ruiner et sans les abîmer !  

Plutôt simple !

Facile à dire ! Mais à réaliser ? Les paris sont ouverts. 

Je bénéficiais, heureusement, de l’expérience du passé : trois tableaux encadrés déjà à Rome et trimbalés à travers 5 pays européens.  Continue reading

« Quel est le lien entre…

Boulogne, 02/01/2020

 

…le Général San Martin, le «Libertador » de l’Argentine, sa patrie, du Chili et du Pérou,  le prince de Valachie,  Michel le Brave, l’ « Unificateur » des trois provinces roumaines (Valachie, Moldavie, Transylvanie) et le cimetière de Boulogne ? »

Fermez vos livres et vos cahiers, sortez une feuille de papier blanc, inscrivez votre nom entier et correct dans le coin haut, à droite, pliez et collez-le.

Vous disposez de 3 minutes, avant que je ramasse les copies !

Je compte jusqu’à 180 !

1, 2, 3, 4… 

 *   *   *

Alors ? Vous-avez trouvé ?

Comment « Non ! » ? Vous-êtes de vrais cancres ! 

Je vais vous aider. La réponse tient en deux mots : « Carrier-Belleuse » ! 

Ça ne vous dit rien ? Vous êtes pire que ce que je pensais ! Vous avez séché, certainement, les cours d’histoire et d’arts plastiques toute l’année ! 

Bon ! Puisque c’est vous, je vais vous expliquer ! Mais, vous promettez de ne pas recommencer l’année prochaine. 

Commençons… par la fin !  Continue reading

Tout ce qui brille n’est pas or!

Feuilles de journal
Rome, 30/09/2019

 

Plus d’une fois, ces derniers temps, dans des restaurants de tout genre, au moment délicat où il faut payer l’addition, on m’a posé la question :

« En cash ou par carte ? »

Alors, avec l’air le plus sérieux possible, je réponds : « Pas du tout ! Avec des dents en or ! »

Le plus souvent, le serveur me regarde avec des yeux exorbités et ne comprend pas ou fait semblant de ne pas comprendre ! 

En fonction de sa réaction, bête ou futée, je continue : « Il doit bien y avoir un bon stomatologue dans votre quartier ! J’ai une molaire recouverte d’or qui me fait mal et j’aimerais beaucoup m’en débarrasser ! »

A ce stade, je laisse mon interlocuteur reprendre son souffle et, s’il n’a pas compris la blague (de bas niveau !), je continue : « Vous savez ? L’or vient de monter méchamment ! Vous allez faire une très bonne affaire ! » 

C’est à ce moment là que je constate, enfin, à qui j’ai à faire ! Et c’est ça qui m’amuse ! Les réactions sont souvent humoristiques, quelquefois bêtes, voire même agressives. C’est encore, une fois de plus, l’occasion de jauger le monde qui nous entoure. 

Maintenant, je me trouve dans un restaurant chic de Rome, près du Corso. Avant même d’arriver au moment fatidique où l’on me pose la question mentionnée plus haut, je découvre une revue que je ne connais pas : « Campo de’ fiori ». Il s’agit de la revue  mensuelle d’«Arte, Cultura, Spettacolo ed Attualita edito dall’Associazione Academia Internazionale D’Italia » à Civita Castellana. 

A la page 22, je tombe sur un long texte illustré, intitulé : Continue reading

Une porte vers… l’inconnu!

Ce texte a été publié dans la revue « 3R » (Rădăcini/Racines/Radici), no. 13 -15, daté janvier – mars 2019, édité par l’Association « Memorie şi speranţă » en Roumanie.

Rome, 26/11/2018


Pendant les 50 années depuis que je vais et retourne à Rome, je suis passé maintes et maintes fois près de la place Vittorio Emmanuelle II.
J’avoue n’avoir jamais prêté  attention aux ruines, certes imposantes, qui occupent une grande partie du square qui se trouve au centre de la place.

La « Piazza Vittorio Emanuele II », est familièrement appelée par les Romains piazza Vittorio. Se trouvant dans le « rione Esquilino », elle est la plus vaste de la capitale italienne. 

Cette place n’a pas eu toujours l’aspect qu’on lui connaît aujourd’hui.

Dans l’antiquité romaine, ici se trouvait un célèbre monument  le Ninfeo di Alessandro, mieux connu sous le nom de Trofei di Mario (« Trophée de Marius »). Il s’agit d’une fontaine monumentale, adossée à l’antique château d’eau où aboutissait un aqueduc.

Elle fût construite au IIIe siècle sous le règne de l’empereur Sévère Alexandre.

Mais, au XIXe siècle, avec l’accession de Rome au rang de « capitale du Royaume », le besoin d’une nouvelle urbanisation de la ville s’est fait sentir.

Sur des terrains acquis par la municipalité, on a réalisé une place rectangulaire et sur tout son pourtour des immeubles de style humbertien, dressés sur de hautes arcades, avec au centre un large parc arboré. Continue reading

Objets inanimés, avez-vous donc une âme…

Feuilles de journal
La Bastide Vieille, 12/02/2018

Qui s’attache à notre âme et la force d’aimer ?
Lamartine

 

Plus de cent fois, j’ai affirmé : « Oui ! Les objets inanimés ont une âme ! Et elle est vicieuse ! »

Même qu’un jour, ma patronne de l’époque, Sophie M., après une telle affirmation, m’a demandé : « Adrian, êtes-vous sûr que ce n’est pas votre âme qui est vicieuse ? »

Je n’en sais rien, pour ce qui est de la mienne, mais pour « les objets inanimés » j’en suis de plus en plus convaincu, jour après jour ! 

Tout un chacun connaît la « La « loi de l’emmerdement maximum » (LEM) ou « loi de l’emmerdement universel » (qui) est une extrapolation de la loi de Murphy ». Et l’exemple le plus souvent mentionné est celui de la tartine qui tombe TOUJOURS avec la face beurrée vers le sol, quel que soit son centre de gravité !

Mais celui-ci est un cas simple, voir simpliste.

Il y a des cas bien plus sophistiqués ! 

En voici un, qui me concerne directement : 

Depuis toujours, je suis un grand amateur, sinon un fanatique, …des pendules. 

Comme enfant, à Bucarest, nous avions une pendule de cheminée en marbre noir, surmontée de la statue d’un poète romain assis, portant fièrement sur  la tête une couronne de lauriers,  qui écrivait, le style à la main, sur une tablette du même métal dans lequel il avait été tourné. Je l’ai admirée, pendant des années, et un jour, j’ai décidé de l’appeler « Ovide » ! Continue reading