La Bastide Vieille, 10/07/2023
Coordinate: 37°31′37″N 08°55′43″E: l’Isola Galita
Da qualche parte, tra il cielo e il mare… Chi conosce questo luogo disperso nel cuore del Mediterraneo?
Ecco come la descriveva, più di un secolo fa, un autore anonimo:
“Questo blocco roccioso si trova sulla costa settentrionale della Tunisia, a circa 20 miglia a nord – nord-est di Tabarca. La sua lunghezza supera i 5 km, la larghezza media è di 1500 m.
È circondata da numerose isole, tra cui le principali sono: Galiton, Fauchelle, Les Chiens, tutte inaccessibili.
Galita, circondata da una linea di rocce di 200 m d’altezza, può essere abbordata solo da sud, nel golfo l’Escueil de Pasque. Profondo e stabile, quest’ancoraggio offre un eccellente riparo dal vento, predominante da nord-ovest, una posizione che s’incontra di rado sulla costa dell’Algeria.
Il punto più alto dell’isola si eleva a 391 metri sul livello del mare. Ci arrivi salendo un sentiero roccioso composto in parte da scalette di legno, in parte da gradini di pietra, e che costituisce la migliore via di comunicazione sull’isola. Questo sentiero attraversa orti terrazzati dove, a dispetto della mancanza di terra, gli abitanti trovano un modo per coltivare fichi, cactus, ulivi, vigne e cereali a sufficienza per i bisogni della popolazione autoctona, composta approssimativamente da un totale di sessanta persone.
L’autorità sull’isola è rappresentata da un guardacoste francese, la cui casa è l’unica abitazione presentabile. Gli indigeni, veri trogloditi, vivono in caverne e capanne. Su tutta l’isola non ci sono che due case, i cui tetti rossi si vedono da lontano, dal mare. Gli abitanti vivono seguendo i vecchi usi provenienti dall’Italia, non pagano tasse, vivono di pesca, raccolto e dai prodotti delle loro greggi. Il pesce è assai abbondante e i pescatori di aragoste e i raccoglitori di coralli arrivano a Galita perfino dalla Sicilia, durante l’estate. Boscosa in passato, l’isola non possiede oggi altro che una bassa vegetazione. Le sorgenti sono numerose e abbondanti.”
La scoperta di vasi punici, monete romane, diverse rovine, indica come l’isola fosse popolata già nell’antichità. Sono stati ritrovati accumuli minerari di ferro e rame, che potrebbero generare serie attività di sfruttamento, se i punti di ormeggio all’isola fossero più semplici. Nei fatti, la situazione demografica dell’isola era diversa: nel 1906, la sua popolazione si componeva di 174 abitanti, 67 dei quali erano francesi e 107 italiani. Negli anni ’30, gli abitanti di Galita erano più di 200.
Scrive Carlo Picozza: “Così, alle sei Isole delle Ponziane (Ponza, Palmarola, Zannone, Gavi, Ventotene e Santo Stefano) idealmente bisogna aggiungerne un’altra, la nordafricana Galite”. Mentre Sergio D’Arco, la cui famiglia è originaria di Galita, precisa: “È la terra ponzese di adozione” a solo 40 km dalle coste tunisine e a 150 km da quelle della Sardegna.
In effetti, la maggior parte degli abitanti dell’isola erano pescatori provenienti dalle Isole Ponziane, attratti da una porzione di mare dove trovavi non solo pesce in abbondanza ma anche aragoste e frutti di mare. All’epoca, era un luogo talmente apprezzato da richiamare perfino i pescatori della Bretagna francese, che venivano qui in cerca di pesce.
Tuttavia la somiglianza con l’arcipelago ponziano non si limita solo alla popolazione locale. La biodiversità di Galita è unica in confronto al resto della Tunisia continentale. L’inventario totale della flora presente nell’arcipelago è di oltre 300 specie, con sette diversi tipi di orchidee. È notevole la presenza dell’orchidea Serapias nurrica Corrias, presente solo in Sardegna, Corsica, Minorca, Sicilia e Calabria (è insomma una cosiddetta specie tirrenica). Quest’orchidea è un indicatore dei legami biologici tra l’arcipelago Galita e il blocco sardo-corso.
Ancora, gli italiani sostengono che la pianta “disa” (Ampelodesmos mauritanicus) sia stata introdotta nell’arcipelago dai loro antenati provenienti dall’isola di Ponza. I pescatori utilizzavano davvero le sue foglie secche per tessere le loro funi con una tecnica particolare. La specie nominata inoltre presenta il vantaggio di fissarsi al suolo.
Nonostante questo, l’isola Galita è considerata, dal punto di vista geografico e politico, “il territorio più settentrionale dell’Africa”.
Purtroppo oggi la presenza italiana sull’isola è inesistente. Come anche quella degli altri europei. La nazionalizzazione delle terre europee del 12 maggio 1964 ha cambiato tutto.
La maggior parte degli italiani di Galita è emigrata in Francia, nella città di Le Lavandou, nel dipartimento del Varo. Ma hanno conservato le loro tradizioni e la nostalgia galita-ponziana, anche mezzo secolo dopo.
Ecco come, nel 2006, era descritto su “La Gazette du Lavandou” il “Ritorno a Galita”, in un testo firmato da Gill Bernardi, il sindaco della città francese mediterranea:
“Le famiglie Vitiello, D’Arco, Conte, Mazzella e Verderame hanno abbandonato le loro case, gli orti, la loro pacifica comunità isolata lassù. Che cos’è rimasto? Momenti d’intensa emozione quando il gruppetto salta sul molo fatiscente e risale il sentiero nel caldo soffocante; quando i cuori palpitano a ogni passo, man mano che appaiono le prime case…
Dopo una certa esitazione, tutti identificano nella vegetazione la casa dell’infanzia, di un nonno che riposa per l’eternità nei dintorni, di un cugino che non ha avuto la possibilità di compiere il viaggio… Da una casetta all’altra, le famiglie si chiamano tra loro con voci fioche. Riscoprono le grotte scavate nella roccia, dove sono rimasti ancora i forni per il pane, il vecchio lavandino, il fienile deserto e la tinozza per il vino, nascosta all’ombra e al fresco, dal tempo in cui i vigneti popolavano le terrazze ora crollate. Insularità. Momenti magici in cui il cerchio del tempo si apre nuovamente… Raccogliamo con discrezione una pietrolina per conservarla come un souvenir”.
* * *
Di certo non avrei mai sentito parlare di questo posto magico, perso nel cuore del Mediterraneo, se a maggio non avessi conosciuto Pierre de la Galite. Eravamo in un cabaret di Montmartre. Siamo capitati per caso vicini di tavolo. Discutendo con Pierre, ho scoperto innumerevoli aneddoti e ricordi della sua infanzia, passata sull’isola di Galita.
Però ciò che mi ha intrigato di più è stato il suo nome. Domandandogli dettagli, ho scoperto che i suoi genitori si chiamavano Alexandre Vittiello e Maria Caltagirone, e che sua nonna, Celeste, non volle abbandonare la sua cara isola fino alla morte, a 95 anni. Perciò Pierre ha scelto come nome d’arte “de la Galite”, in memoria del luogo in cui è nato.
Nelle parole di un critico musicale che ha assistito a uno dei suoi spettacoli, Pierre è:
“un artista, autore, compositore ed un incredibile interprete, cui dobbiamo circa 250 canzoni, tra le quali solo una cinquantina è stata incisa. Pierre de la Galite ha unito l’umorismo alla tenerezza e alla poesia, attraverso canzoni e poesie che ha interpretato con grande talento, a volte mescolando al tutto anche qualche goccia di frivolezza, per sedurre un pubblico proveniente soprattutto da Galita”.
Quando gli ho offerto un’esemplare della rivista “Siamo di nuovo insieme”, mi ha detto: “Io non parlo italiano!” Un po’ sorpreso, gli ho domandato: “Ma in che lingua parlavi con tua nonna?” e Pierre ha risposto “In dialetto ponzese!” Motivo per cui mi ha offerto un disco con una tarantella scritta da lui in questo dialetto, i cui versi si concludono con:
« Cumpagno, Cumpagno,
Iamungene sccoglia sccoglia,
iam à fa quatte padelle.
Iamungene sccoglia sccoglia
uard u mar cumm e belle!”“Compagno, compagno,
andiamo di scoglio in scoglio,
andiamo a raccogliere quattro patelle.
Andiamo di scoglio in scoglio,
guarda il mare quanto è bello!”
Più tardi, quando ho cercato informazioni sull’isola di Ponza, ho scoperto che: “L’etimologia del nome, Ponta nell’antichità, è la stessa per tutte le isole Ponziane o per il nome greco del Mar Nero, conosciuto come Ponto Eusino: dal greco antico, Πόντος – Pòntos, vale a dire «mare ospitale»”. In questo modo, ho compreso come le connessioni che mi legano a Pierre siano assai più antiche dei pochi giorni in cui ci siamo conosciuti.
Risalgono all’epoca dell’antica Grecia!
Adrian Irvin ROZEI
La Bastide Vieille, iulie 2023
(Traduzione Clara Mitola)
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Chi desidera ascoltare i brani composti ed eseguiti da Pierre de la Galite, può trovarli ai seguenti indirizzi: