Pagina di diario
Ho avuto la grande opportunita’ di viaggiare, negli ultimi sei mesi, in ben piu’ di dieci paesi, territori, regioni… sull’intero mappamondo.
Dal punto di vista delle opere architettoniche contemporanee non si puo’ dire che la zona dei Caraibi (Santo Domingo, San Martino, Antille francesi o l’Isola Margherita) mi abbiano detto molto! Forse solo l’edificio del nuovo Museo della Storia dello Schiavismo in Guadalupe mi ha dato almeno l’occasione di constatare quanto siano lontani, nelle nostre nazioni, le concezioni architettoniche dominanti e le tradizioni locali.
Ma non posso dire lo stesso delle realizzazioni in corso di rifinitura o quelle inaugurate di recente nel Golfo Arabo! Basta aver visitato l’Opera di Mascat, l’Isola dei musei di Abu Dhabi, i centri commerciali o qualche albergo da poco inaugurato a Dubai (« Four Seasons » o « Mercato »), il progetto dell’Opera o le stazione del metro’… per poter capire quale vera ossessione nell’abbinare elementi tradizionali con forme architettoniche piu’ avanzate, domini la concezione dell’architettura di queste zone. Sicuramente e’ bene usare il « bon ton » per affermare che, quando ci sono i soldi, nulla e’ difficile! Ho anche visto numerosissime costruzioni, soprattutto in Europa occidentale, ma anche alcune in Cina o sul continente americano, che sono costate cosi’ tanto e che mostrano sistematicamente di non seguire alcun piano funzionale d’insieme, e con una anche minore ricerca nel legame con le tradizioni nazionali, seppur per lo meno a livello dei motivi geometrici.
Cio’ che mi ha sorpreso nei paesi del Golfo, e’ che tutti questi progetti sono stati realizzati da architetti occidentali, quelli che, sotto i nostri cieli, propongono soluzioni architettoniche senza alcuna fantasia, senza alcuna magia, e perche’ no, nel migliore dei casi, copie di progetti gia’ realizzati, visti e rivisti nei loro vecchi edifici.
Penso soprattutto a un Jean Nouvel il cui « Louvre » di Abu Dhabi, un modello d’integrazione nel paesaggio e nelle tradizioni locali, in corso finitura, puo’ essere opposto al progetto di enorme tristezza proposto per l’Isola Seguin sulla Senna, o il condominio informe inaugurato da poco sul terreno della ex fabbrica « Renault » a Boulogne-Billancourt. O al Museo « Louis Vuitton » in Bois de Boulogne, la semplice riproduzione della Fondazione Guggenheim a Bilbao, opera di Frank Gehry.
Oppure siamo condannati, in Europa Occidentale, alla mediocrita’ architettonica? E chi e’ che ci condanna:
– la mancanza dei mezzi necessari?
– la mancanza di una visione d’insieme?
– la paura di “stonare” in un paesaggio carico di capolavori ereditati dai nostri bisnonni?
– il semplice rifiuto del “gesto architettonico” che esca dal comune?
– la difficolta’ di modificare una visione “storicizzante” di un popolo che non scopre il nuovo “ex-nihilo”, come fossero nazioni con una tradizione architettonica millenaria?
– oppure, semplicemente, per mancanza di coraggio dei nostri politici, ossessionati soprattutto dalle scelte del domani, che non osano accettare proposte rivoluzionarie, per paura di perdere voti? Ho visto cosi’, da non molto, come un François Mitterrand ha vuto il coraggio d’imporre «le fait du prince», oggi salutato e osannato da tutti gli epigoni!
* * *
Con queste immagini in mente, son partito per Milano, in Italia, paese-culla delle costruzioni mondiali, dove le “stratificazioni” architettoniche si sovrappongono, si affiancano, si contraddicono da 2000 anni! E che hanno creato, e non una sola volta, polemiche, battaglie teoretiche, anche fisiche, tra i difensori del “passato” e gli ammiratori del “futuro”, in materia di architettura.
Vero e’ che in questo momento Milano vive un momento “privilegiato”!
Per sei mesi, tra il primo maggio e il 31 ottobre, la citta’ ospita « EXPO Milano 2015 », una manifestazione mondiale a cui partecipano 145 paesi e dove sono attesi ben 20 milioni di visitatori.
Il tema scelto, piu’ un pretesto che uno scopo in se’, e’ « Feeding the Planet, Energy for Life ». E’ un progetto grandioso, soprattutto nelle condizioni di crisi mondiale in cui versiamo da circa dieci anni, e in cui ogni nazione vede questo evento come una vetrina che le permetta di vendere prodotti, non soltanto agricoli, ma a volte turistici, altre volte culturali, e certamente anche ideologici, ma dove ognuno sogna di attrarre piu’ visitatori possibile nel proprio padiglione, perche’ essi rappresentano altrettanti “commessi viaggiatori” sparpagliati per l’universo mondo.
Sicuramente il primo “gancio” e’ la presentazione del padiglione. E questa e’ un “challenge”! Poiche’ nelle condizioni di fondi limitati di oggi, ogni stand si e’ proposto di essere quantomai economico, ma anche modulare, piu’ “recuperabile” possibile… Sono finiti i tempi delle follie dei padiglioni da miliardi come quello di Shanghai! Adesso tutto dev’essere “Ecologico”! Ma altrettanto spettacolare… o, se si puo’, l’uno e l’altro.
Ma quasi tutte le costruzioni, a parte alcuni stand italiani, realizzate in vista dell’esposizione, saranno o recuperate dalle nazioni che esse rappresentano, oppure vendute sul mercato internazionale, per cui esse devono poter essere inserite in un medium diverso e devono resistere un certo tempo in condizioni climatiche o d’uso diversi da quelli per cui furono concepite. Forse per questo sono stati privilegiati, nella maggior parte dei casi, materiali da costruzione leggeri, resistenti alle intemperie, trasportabili, non inquinanti…
Il risultato e’ spesso impressionante! Padiglioni immensi realizzati in legno lamellare, tavolati e canniccio (come quelli di Francia, Cina, Colombia e, in una certa misura, quello della Romania), impressionano per la loro tecnicita’ e contrastano vistosamente con quelli, per esempio, degli Emirati Arabi Uniti o dell’Oman, rimarchevoli dal punto di vista architettonico, ma sorpassati dal punto di vista del nuovo spirito “ecologista”.
Ma la vera sorpresa che aspetta il visitatore arrivato a Milano per l’EXPO 2015 non si trova all’interno dell’esposizione, ma in piena citta’!
Non ero piu’ stato a Milano da quattro anni, ma poiche’ nel mio ultimo soggiorno cola’ ho trascorso circa dieci giorni, devo ammettere che non mi aspettavo di scoprire cambiamenti enormi. M’immaginavo che, cosi’ come succede praticamente in ogni posto in cui c’e’ la sede di una manifestazione internazionale, la citta’ sarebbe stata “imbellettata” per farla apparire pulita, le indicazioni stradali rifatte, aggiunti pannelli multilingua, infine: tutti i soldi disponibili messi nell’EXPO – “a uso delle visite”.
Fin dal nostro arrivo alla stazione di Milano Centrale sono stato colpito dall’apparizione nel cielo della capitale lombarda di una saetta, una punta di lancia, che ricorda soprattutto i grattacieli di Dubai. Ma poi, ho scoperto sulla cartina della citta’ un nuovo quartiere, che non conoscevo ancora: « Porta Nuova ».
Infine, un commento letto in una rivista mi ha pure eccitato la curiosita’:
Programma superbo! Ora vedremo, in pratica, come possono essere messi assieme capra e cavoli!
Proprio all’uscita della stazione del treno/metro’ di Porta Garibaldi, la geografia del nuovo quartiere ti obbliga a guardare in su’: scale mobili, pensiline trasparenti, ascensori rapidi che ti innalzano e ti tirano verso il cielo, al disopra del viavai tradizionale delle strade italiane. Lo scopo di questo magnete e’ di spingerti in un nuovo mondo, diverso, che funziona secondo altri principi. Una piazza circolare, con nel mezzo tre fontane, tutte circolari, danno al tutto un tono d’insieme. Tutt’intorno negozi, ristoranti, cinematografi, librerie al piano terra, dominati da locali a uso ufficio o abitazioni private, ma che formano un “ensemble” a misura d’uomo.
E’ certo che l’immobile piu’ impressionante e’ “Unicredit” inaugurato nel 2014 e costruito su progetto dell’architetto americano Cesar Pelli, che domina con la sua saetta il cielo milanese, svettando a 321 merti, l’edificio piu’ alto d’Italia. La piazza creata dalla curva del grattacielo, che porta il nome dell’architetta Gae Aulenti, e’ completata da altri due edifici con, rispettivamente, 22 e 12 piani. Questa piazza e’ soltanto un punto di partenza, che continua con una passerella che porta ad altri edifici, terminati o in costruzione, e anche a grattacieli, firmati da grandi nomi dell’architettura internazionale, come sono il giapponese Arata Isoaki, l’nglese Zaha Hadid o l’americano Daniel Libeskind.
Quel che forse e’ piu’ impressionante, e’ che ognuno di questi edifici ha un suo proprio stile, a volte inaspettato. Ad esempio, le due torri coi balconi “ultra vegetalizzati”, progetto dell’italiano Stefano Boeri, il “Bosco Verticale”, presenta, con alberi di 3, 6 o 9 metri piantumati sulla facciata, una superficie verde di 200 ettari!
Nessun aspetto culturale e’ stato negletto: una sala multifunzionale con alcune migliaia di posti sta per essere finita; un edificio circolare, al bordo di questa piazza, presenta, nel periodo dell’Esposizione Universale, un film su schermo a 360°, facendo scorrere in rassegna non soltanto bellezze naturali dell’Italia, ma anche la maestria dei suoi arigiani, l’abilita’ degli artisti o le sue specialita’ culinarie.
Ma forse il piu’ semplice, e il piu’ piacevole angolo della piazza, e’ la nuova libreria/ ristorante/ sala di lettura “Read” dove, all’ora di pranzo puoi sfogliare gli ultimi volumi pubblicati, puoi fare un pranzo veloce o, semplicemente, puoi berti un caffe’ con un amico.
Tutto questo mondo variopinto, di ogni eta’ e con le occupazioni piu’ disparate, gravita in uno spazio che si trova solo a 800 metri dal centrocitta’, il Duomo, dove puoi arrivare passando in progessione dal mondo di domani a quello di ieri, senza essere scioccato da un passaggio troppo brusco!
Bisogna inoltre precisare che anche la zona storica della citta’ e’ stata rimodellata con questo spirito: aree pedonali, locali pubblici sui tetti di edifici storici che offrono un panorama “dal cielo” sopra la fretta cittadina, i loro grandi musei aperti al pubblico, accessibili con un unico biglietto…
Sarebbe troppo stancante se citassi tutte le sorprese che ti aspettano ad ogni angolo di strada dentro al cuore della citta’: banche dell’800 trasformate in complessi museali, nuovi spazi di design, musei della moda, e addirittura un pasticcere che mosta gli ultimi modelli di scarpe o borsette… fatti di cioccolata!
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Son partito da Milano, dopo soltanto quatro giorni passati li’, col morale alle stelle! Vedi che e’ possibile, anche in questo nostro mondo, in cui va cosi’ spesso di moda il rimpiangere la gloria passata, trovare un’isola che va avanti, senza timore delle chiacchiere e dei pettegolezzi di quelli che troveranno sempre la pagliuzza nell’occhio dell’altro.
Si possono fare cosi’ tante cose in soli tre anni! Esiste anche un modo armonioso di accostare passato e presente, nel mondo dell’architettura! Forse che Milano e’ un caso unico e irripetibile?
Non so chi abbia preso le decisioni necessarie, ne’ da dove siano usciti tutti questi soldi – mi immagino una somma enorme – per realizzare questi progetti.
Lasciando Milano, mi sono detto, ripetendo l’adagio inglese:
« When there is a will, there is a way! »
Adrian Rozei, Milano, Luglio 2015
PS: Quando il sabbio mostra la luna, l’imbecille vede il dito! – provèrbio budista
- Simetria: il nuovo e l’antico
- Porta Nuova: un esèmpio per l’Italia… e per tuta l’Europa